Infatti a frate Rainaldo, uomo affettuoso, che la esortava alla pazienza nel lungo martirio di tante infermità, con tranquillissima voce rispose: «Dopo che conobbi la grazia del mio Signore Gesù Cristo tramite il suo servo santo Francesco, nessuna pena, fratello carissimo, mi è stata molesta, nessuna penitenza grave, nessuna infermità dura».
Sentendo che il Signore le si è fatto più vicino e sta ormai quasi alla porta, vuole vicino sacerdoti e frati spirituali che l’assistano, e le recitino la passione del Signore e parole sante. Tra questi si presenta frate Ginepro, famoso giullare del Signore, che spesso proferiva fervorose parole sul Signore. Ricolma di nuova letizia, gli chiese se avesse qualche cosa di nuovo per le mani riguardo al Signore. Questi aprendo la sua bocca emette dalla fornace del cuore ardente scintille fiammanti di parole, e dalle sue parabole, la vergine di Dio trae grande conforto.
Da ultimo, si volge verso le figlie in lacrime a cui magnifica la povertà del Signore e rievoca con lodi i benefici divini. Benedice i devoti e le devote sue, e tutte le sorelle dei monasteri poveri, sia presenti sia future, invoca una larga grazia di benedizioni.
Il resto chi lo può riferire senza piangere? Sono presenti quei due compagni benedetti del beato Francesco, uno dei quali, Angelo, piangendo anch’esso, cerca di consolare le presenti in pianto; l’altro, Leone, bacia il giaciglio della morente.
Le figlie desolate piangono la partenza della cara madre e accompagnano in lacrime lei sul punto di partire, che non avrebbero più vista. Si dolgono amarissimamente, che con lei muore ogni loro consolazione e, lasciate nella valle di lacrime, non sarebbero potute essere più consolate dalla loro maestra. Solo il pudore trattiene la mano dal dilacerare le membra e il bruciore del dolore lo fa più straziante, perchè non lo si lascia esplodere in pianto esterno. La disciplina claustrale impone il silenzio, la forza del dolore strappa gemiti e singhiozzi. I volti divengono gonfi per il pianto e l’impeto del cuore afflitto fornisce ancora nuove lacrime.
La vergine santissima rivolta a se stessa in silenzio parla alla sua anima: «Va’ sicura – dice – perché hai una buona guida nel viaggio. Va’, perché Colui che ti ha creata ti ha santificata; e, custodendoti sempre come la madre il figlio, ti ha amato di tenero amore. Tu – dice –, o Signore, sii benedetto, che mi ha creata». Quando una delle sorelle le chiede a chi stesse parlando, lei risponde: «Io parlo all’anima mia benedetta». La sua gloriosa guida ormai non era lontana. Infatti, voltandosi verso una figlia, dice: «Vedi tu, o figlia, il Re della gloria che vedo io?».
Anche sopra un’altra si posa la mano del Signore, e con gli occhi del corpo tra le lacrime, percepisce una beatificante visione. Trafitta dal dardo di un profondo dolore, dirige lo sguardo verso la porta della casa; ed ecco entrare uno stuolo di vergini in bianche vesti. Tutte portavano una corona d’oro sul capo. In mezzo a loro incede una più splendida delle altre. Dalla sua corona, che aveva sul capo in forma di fessurato turibolo, irradia un tale splendore da convertire dentro la casa la notte stessa in luce del giorno. Si accosta al lettuccio dove giace la sposa del Figlio, e inchinandosi amorevolmente sopra di lei, le dà un dolcissimo abbraccio. Viene portato dalle vergini un manto di straordinaria bellezza, e a gara lo spiegano, così il corpo di Chiara viene avvolto, e si adorna così il talamo.
Il giorno dopo festa del beato Lorenzo quell’anima santissima parte per essere coronata del premio eterno; sciolta dal tempio della carne, lo spirito felicemente migra alle stelle. Benedetta questa uscita dalla valle della miseria, divenuta ingresso per lei alla vita beata. In cambio ormai di un esiguo vitto si allieta alla mensa degli abitanti del cielo. In cambio ormai dell’umiltà delle ceneri, beata nel regno celeste, viene vestita della stola della gloria eterna.
COME ALLE ESEQUIE DELLA VERGINE LA CURIA ROMANA ACCORSE CON UNA MOLTITUDINE DI GENTE
Immediatamente la notizia della morte della vergine colpì di indicibile commozione tutto il popolo della città. Al luogo accorrono uomini, accorrono donne, e in gran moltitudine straripa la gente, da sembrare che la città sia rimasta deserta. Tutti la gridano santa, tutti la proclamano cara a Dio, e tra espressioni di lode, non pochi piangono. Accorre il podestà con una caterva di cavalieri e una moltitudine di armati; quella sera e per tutta la notte dispone attente sentinelle perchè il prezioso tesoro che giaceva nel mezzo, eventualmente non soffrisse detrimento. Infatti, era tanta la devozione del popolo verso le sacre spoglie che i signori cardinali e gli altri prelati della Chiesa mettevano nelle mani della vergine anelli preziosi, come se dal contatto delle sante dita acquistassero qualcosa di prodigioso.
Il giorno seguente tutta la Curia si muove: il vicario di Cristo con i cardinali si porta sul posto, e tutta la città muove verso San Damiano.
Si fu sul punto di celebrare il rito liturgico. Mentre i cardinali stavano iniziando l’ufficio dei morti, d’improvviso il papa propone che più che l’ufficio dei morti si doveva celebrare l’ufficio delle vergini; cosicché sembrava che si dovesse canonizzarla prima che fosse data sepoltura al corpo. L’eminentissimo uomo il signore di Ostia, avendo fatto notare che in questo bisognava agire con più ponderatezza, si celebra la messa dei morti.
In seguito, sedutosi il sommo pontefice con il gruppo dei cardinali e dei prelati, il vescovo di Ostia comincia a parlare della vanità delle vanità e loda con nobile discorso l’egregia spregiatrice delle vanità.
Subito in devoto atteggiamento i presbiteri cardinali si fanno intorno al santo corpo, e compiono i riti consueti sulle spoglie della vergine.
Infine, perché non si giudica sicuro né degno che un tale pegno prezioso resti così lontano dai cittadini, viene prelevato con inni e lodi, con squilli di tromba e solenne giubilo, e portato onorevolmente a San Giorgio. E, in verità, questo luogo è quello dove il corpo del santo padre Francesco in un primo momento fu sepolto; cosicché colui che aveva preparato la via della vita a lei vivente, anche in morte per un certo presagio, le preparasse il luogo.
Vi fu pertanto al sepolcro della vergine un gran concorso di popolo, che lodava Dio e diceva: «Veramente santa, veramente gloriosa regna con gli angeli, lei che riceve un tale onore dagli uomini sulla terra». Intercedi per noi presso Cristo, primiceria delle «Signore povere», che conducesti innumerevoli alla penitenza, innumerevoli alla vita».
Trascorsi pochi giorni, Agnese chiamata alle nozze dell’Agnello seguì la sorella Chiara alle gioie eterne, dove entrambe le figlie di Sion, sorelle per natura, per grazia e per regno, cantano a Dio senza fine. E davvero conseguì quella consolazione che Chiara aveva promesso ad Agnese, prima di morire. Infatti, come dietro la sorella era passata dal mondo alla croce, così mentre Chiara rifulgeva per prodigi e miracoli, Agnese dietro di lei da una luce tramontabile si svegliò prematuramente in Dio, per volontà del Signore nostro Gesù Cristo, che con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.