Monastero Clarisse - Montepaolo (FC)

Montepaolo nella Storia

Il modesto romitorio dove padre Antonio arrivò nel 1221 era sulle pendici di Montepaolo di Dovadola, dalla parte della Val Samoggia, lato Faenza. Quale tipo di costruzioni fossero presenti, molto probabilmente capanne o modestissimi edifici a un solo piano, non sappiamo nulla se non che nello stesso periodo che padre Antonio fu presente, o poco dopo, i frati si trasferirono a Castrocaro, perché il luogo fu investito da un movimento franoso. Comunque Montepaolo, località, posta sulle ridenti colline tra Castrocaro Terme e Dovadola, è stata la prima residenza stabile in Italia di quello che diventerà Sant’Antonio. In questo luogo “il Santo” - come lo chiamano per antonomasia a Padova, sua città di adozione - dimorò per più di un anno tra il 1221 e il 1222 nel piccolo e modestissimo “convento” esistente dei primi Francescani che vi conducevano vita eremitica. Sant’Antonio giunse a Montepaolo a seguito di varie peripezie e da qui ripartì poi per divenire il predicatore itinerante, che tutti conosciamo.

La sede dei francescani di Montepaolo al tempo di Sant’Antonio era collocata in una zona e in un paesaggio diverso da quello di oggi, che le frane hanno sfaldato completamente nel corso dei secoli. L’umilissima abitazione dei frati si trovava sull’altura, poche centinaia di metri sotto l’attuale santuario. La famosa “grotta”, dove il santo era solito ritirarsi in preghiera, era invece più in basso, nella zona degradante, a destra del torrente Samoggia, lato Faenza. Nel XIII secolo molto probabilmente l’eremo apparteneva all’abbazia di Sant’Andrea dei Benedettini di Dovadola e fu concesso in uso a un piccolo gruppo di Frati Minori, l’innovativo ordine fondato dall’ancora vivente Francesco d’Assisi.

Dopo il soggiorno di Sant’Antonio, Montepaolo è ignorato per un lungo periodo dagli storici
, mentre la notizia della prolungata presenza del santo si mantenne viva nella tradizione popolare e in alcune tracce nei documenti di famiglie nobili, collegata a una diffusa e fervente devozione verso il “santo dei miracoli”. Nel 1629 il nobile ravennate Giacomo di Simone Paganelli, abitante a Castrocaro, fu guarito da una grave malattia per intercessione di Sant’Antonio e, per riconoscenza, costruì un oratorio nel luogo dove rimanevano ancora i resti della grotta, che fu ripristinata. Dopo una trentina d’anni la zona fu investita da uno smottamento del terreno che si rilevò inarrestabile. Furono trasferiti al sicuro i documenti e le suppellettili sacre nella parrocchia di Castrocaro, mentre il luogo venne abbandonato.

Alla fine del XVIII secolo, a causa della soppressione della Compagnia di Gesù in molti stati d’Europa, parecchi Gesuiti ripararono in Italia. Il portoghese Padre Emmanuele De Azevedo nobile della città di Coimbra, si stabilì a Padova. Frequentando i Padri Conventuali della basilica “del Santo” ebbe l’idea di ridare vita al santuario dovadolese, dedicato al suo illustre concittadino. Trovò un valido collaboratore nel confratello Padre Andrea Michelini di Bologna. Il 13 giugno 1790 la nuova chiesa costruita a Montepaolo venne consacrata (in questo caso non tennero in considerazione la precarietà del terreno, ndr).

L’anno successivo venne inaugurata la nuova canonica, così come in brevissimo tempo venne rifatta la “grotta”. In particolare Padre Michelini, che è considerato a tutti gli effetti il nuovo fondatore del santuario e dell’eremo, per garantire l’avvenire del complesso, ne affidò la custodia al sacerdote Giacinto Zauli di Casalecchio e ne assegnò la proprietà al monastero del Corpus Domini delle Clarisse di Forlì che nel frattempo aveva fondato. Ciò consentì di farsi riconoscere come legittimo proprietario dello stesso monastero e di tutto quello che era stato edificato a Dovadola, evitando la confisca dei beni al momento della soppressione degli ordini religiosi voluta da Napoleone Bonaparte.

Nel suo testamento P. Michelini nominò erede delle proprietà il marchese Luigi Paulucci de’ Calboli di Forlì, il quale dovette subito fare i conti con un ulteriore e vasto movimento franoso che determinò, dopo decenni di inutile resistenza, l’abbandono del luogo il 12 febbraio 1900 trasportando in processione nell’oratorio di San Martino, sito sul crinale di Montepaolo, la statua di Sant’Antonio e le sacre reliquie. Da quel momento la storia del santuario si trasferì nel luogo attuale. Due anni dopo i Frati Minori della Provincia delle Stimmate di Firenze decisero di ritornare per dare continuità alla presenza francescana a Montepaolo. È da quel momento che assume un ruolo di primo piano Padre Teofilo Mengoni da Soci, che per mezzo secolo sarà “l’eremita di Montepaolo” e il realizzatore dell’attuale santuario.

Il 3 agosto 1902 Padre Teofilo e un altro frate presero in affitto due stanze del palazzo Zauli, presso il piccolo oratorio di San Martino, essi cominciarono a essere punto di riferimento in attesa della ricostruzione del santuario antoniano, le cui rovine e l’area sulle quali insistevano erano passate dai Marchesi Paolucci de’ Calboli in proprietà ai frati. Siccome fu impossibile riutilizzare quella porzione di terreno per la costruzione del nuovo insediamento, si ipotizzò di utilizzare le proprietà Zauli, proprio dov’erano situate la casa e l’oratorio.

Nel 1904 fu deciso di acquistare tutto il podere Zauli fra la valle del Samoggia e la valle del Montone, si convenne di utilizzare la casa come convento-eremo, di costruire la nuova chiesa in adiacenza alla stessa casa e di ricomporre invece la “grotta” più a monte del luogo dove la frana l’aveva spazzata via insieme al santuario e alla casa del sacerdote-custode.



La prima pietra venne posta il 16 luglio 1905 e la “grotta” fu inaugurata in forma solenne un mese dopo. Le cronache ci dicono che immediatamente iniziarono i pellegrinaggi dai paesi e dalle città della Romagna e della Toscana. Successivamente si pensò alla costruzione della chiesa affidandone la progettazione a un frate, Padre David Baldassarri da Bibbiena, che propose una struttura a croce greca di stile neogotico. Il vescovo di Forlì, Monsignor Raimondo Jaffei, fu chiamato a deporre la prima pietra il 29 giugno 1908, mentre per la consacrazione, avvenuta il 7 settembre 1913, fu presente il vescovo di Modigliana Monsignor Luigi Capotosti.

Il resto è storia del secolo quando, fra l’altro, il Santuario poté godere durante il ventennio della “protezione” di Benito Mussolini, attraverso l’elargizione da parte della Segreteria Particolare del Duce (SPD), in momenti diversi, dei fondi per realizzare la strada che porta a Montepaolo (in precedenza si raggiungeva solo percorrendo una mulattiera oggi in molti tratti percorsa da chi affronta il Cammino d’Assisi), e per la costruzione del campanile. In anni più recenti, per l’opera e la dedizione di p. Ernesto Caroli, Montepaolo ha conosciuto sviluppo e rinnovato interesse, divenendo luogo di accoglienza per i pellegrini e per gruppi di fedeli provenienti da tutta la Romagna.

Gabriele Zelli, ex-sindaco di Dovadola

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