Chiara e... le sorelle

VIVERE IN SANTA UNITA'

“L’altissimo Padre celeste, per sua misericordia e grazia, si degnò di illuminare il mio cuore” (Testamento 24). Con queste parole Chiara d’Assisi descrive l’inizio della sua fraternità sottolineando come la prima mossa sia stata di Dio che l’ha illuminata con la sua grazia facendole intuire il suo amore di Padre e donandole ben presto delle compagne con le quali camminare.

Il beato padre Francesco poi, – è sempre Chiara che racconta – …scrisse per noi una forma di vita in questo modo:Per divina ispirazione vi siete fatte figlie e ancelle dell’altissimo Padre celeste e vi siete sposate allo Spirito Santo, scegliendo di vivere secondo la perfezione del santo Vangelo…”.

Vivere come figlie e ancelle del Padre nello Spirito Santo secondo il Vangelo, che è Gesù Cristo, significa immergersi nella vita trinitaria. A noi questo può sembrare qualcosa di astratto, etereo, campato in aria. Non così per Chiara. Lei comprende che “farsi figlia del Padre celeste” ha come diretto e concretissimo effetto quello di renderla sorella di tutti, a cominciare da quante hanno ricevuto la stessa “divina ispirazione”.

La dimensione di sororità diventa così tanto importante da indurre Chiara a scegliere come denominazione della sua comunità ed Ordine l’espressione “Sorelle Povere”. Povere perché vogliono seguire le orme del Crocifisso Povero, Sorelle perché figlie e ancelle del Padre celeste.

Vivendo insieme da sorelle, coltivano la carità ed onorano quel Padre che le ha create e convocate: “E amandovi a vicenda nella carità di Cristo, dimostrate al di fuori con le opere l’amore che avete nell’intimo, in modo che, provocate da questo esempio, le sorelle crescano sempre nell’amore di Dio e nella mutua carità” (Testamento 59).

Questa esperienza di vita, dopo diversi decenni, viene descritta nella Regola che Chiara stessa ha redatto. In questo testo sono raccolte le linee fondamentali per vivere da sorelle in santa unità e scambievole carità.

La Madre per prima si pone al servizio di tutte: “L’abbadessa abbia tanta familiarità nei loro riguardi che possano parlare e trattare con lei come le signore con la propria serva, perché così deve essere, che l’abbadessa sia la serva di tutte” (Regola Ch.10,4-5). Allo stesso modo tutte le sorelle sono invitate a prendersi cura le une delle altre: “Tranquillamente manifesti l’una all’altra la propria necessità. E se una madre ama e nutre la sua figlia carnale, con quanto maggior amore deve la sorella amare e nutrire la sua sorella spirituale?” (Regola Ch 8,15).

In questo clima di corresponsabilità ciascuna è chiamata a cercare l’utilità comune sia nel lavoro quotidiano, sia esprimendo il proprio parere riguardo alle decisioni da prendere. Più volte infatti Chiara sottolinea che decisioni più importanti debbono essere prese con il comune consenso di tutte le sorelle. Per favorire ciò prevede un appuntamento fisso: il capitolo settimanale, spazio per il perdono reciproco e per il confronto: “Almeno una volta la settimana l’abbadessa sia tenuta a convocare a capitolo le sue sorelle, e lì, tanto lei quanto le altre sorelle, devono confessare umilmente le comuni e pubbliche mancanze e negligenze. E riguardo alle cose che devono essere trattate per l’utilità e l’onestà del monastero, ne conferisca lì con tutte le sorelle; spesso infatti il Signore rivela ciò che è meglio al più giovane” (Regola Ch. 4, 15-18).

La vita di santa unità nella scambievole carità descritta nella Regola e nel Testamento è un itinerario ed al tempo stesso una meta che indirizza i passi giorno dopo giorno. Tuttavia Chiara sa bene che la realtà quotidiana è spesso appesantita dal peccato, dai limiti, dal tentatore; esorta quindi con realismo e fiducia: “Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo che si guardino le sorelle da ogni superbia, vanagloria, invidia, avarizia, cura e sollecitudine di questo mondo, dalla detrazione e mormorazione, da ogni discordia e divisione. Siano invece sempre sollecite nel conservare reciprocamente l’unità della scambievole carità” (Regola Ch 10, 6-7).

Ma come restaurare e cementare questa unità sempre in bilico?

Quando parla dell’elezione dell’abbadessa, Chiara scrive: “Le sorelle procurino con sollecitudine di avere il ministro generale o provinciale dell’Ordine dei frati minori, che mediante la parola di Dio le formi alla perfetta concordia e alla comune utilità nell’elezione da farsi” (Regola Ch 4, 2-3). L’unità si alimenta infatti ritornando incessantemente alla parola di Dio, che poi è Cristo stesso, il Figlio, nel quale ciascuna si riconosce figlia amata dal Padre celeste, chiamata a vivere come sorella tra le sorelle proprio grazie a quella comunione con Cristo che i sacramenti e la vita di fede realizzano giorno dopo giorno.


A cura del Monastero "S. Antonio e B. Elena" di Camposampiero

FOTO: Chiara e le sorelle: In santa unità e altissima povertà. Icona del monastero delle Clarisse di Borgo Valsugana. 

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